“Un paese felice” di Carmine Abate: la nostra recensione
Il Porto di Gioia Tauro rappresenta il principale scalo merci di tutta la Penisola, costituendo un essenziale motore economico per la Calabria. Sebbene sia stato inaugurato soltanto negli anni ’90 del secolo scorso, oggi sembra impossibile immaginare la nostra vita senza di esso. Ma cosa esisteva in quel luogo prima della sua costruzione? Per rispondere a questa domanda, potremmo citare il titolo dell’ultima fatica letteraria di Carmine Abate: “Un paese felice”.
Immagina che una mattina ti svegli e il tuo paese non c’è più.
Citazione tratta dalla sovraccoperta di Un paese felice.
Egli narra nel libro le lotte per preservare Eranova, un affascinante centro urbano fondato alla fine del XIX secolo proprio nell’area in cui sorge oggi il porto e per il quale è stato sacrificato, insieme ai fertili territori agricoli circostanti.
Abate, che non è certo uno storico, ha comunque preso in prestito parte della metodologia di tale professione per creare un romanzo coinvolgente, ambientato fra gli anni ’70 e ’80 del Novecento, ricco di passione, o meglio di passioni: per la propria terra, per gli ideali per i quali si lotta, per la famiglia e per l’amore.
Dopo aver sentito per caso il nome di questo paesino ed esserne rimasto affascinato, ha condotto, infatti, un’approfondita indagine sulle sue origini, sulle persone che l’hanno abitato e soprattutto sulla sua scomparsa, intervistando numerosi testimoni oculari e visitando diverse volte, dall’estate del 2016 alla primavera del 2023, i “luoghi del delitto”, proprio come afferma lui stesso nella nota finale della sua opera.
La narrazione è incentrata sui personaggi di Lorenzo, che riferisce in prima persona i fatti di cui è stato spettatore da giovane, e di Lina, la quale crede fermamente che Eranova non possa scomparire, poiché possiede un nome utopico e un’utopia è eterna.
Lina è una figura forte, diversa dalla maggior parte dei suoi concittadini che preferiscono indossare una maschera di indifferenza dinanzi all’annunciata distruzione del borgo. Ella, trasformandosi in una agguerrita attivista, decide di combattere per il suo paese affinché possa sopravvivere al cosiddetto Pacchetto Colombo, l’insieme dei provvedimenti strategici adottati dal governo per industrializzare la Sicilia e la Calabria
A fare da cornice all’intensa lotta, ci sono la vita rurale, il calore delle famiglie allargate del Sud, l’energia dei piccoli borghi e la coinvolgente storia d’amore tra Lorenzo e Lina. Nel racconto emergono anche riferimenti autobiografici dell’autore sparsi al suo interno, nonché importanti eventi storici dell’epoca, come l’evasione di Kappler e la morte di Pier Paolo Pasolini.
Inoltre, viene spesso citato Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez che descrive la storia del villaggio immaginario di Macondo, un esempio di autosufficienza che, alla fine del capolavoro, viene ridotto in rovine, condividendo quasi il destino finale con Eranova.
In ultima analisi, da Un paese felice emerge la maestria di Carmine Abate nel coniugare storie reali, spesso camuffate per motivi di privacy, con artifici narrativi, creando un prodotto editoriale scorrevole che consente al lettore di immergersi nelle emozioni dei protagonisti e, al contempo, rimane fresco e avvincente.